Il nostro ordinamento prescrive differenti strumenti finalizzati al raggiungimento del diritto al pensionamento in caso di contribuzione presente in differenti casse o gestioni. La ricongiunzione ex legge 29/1979 è uno strumento di carattere oneroso che consente di accorpare periodi contributivi versati in distinte casse previdenziali facendoli confluire nella gestione che erogherà la prestazione così garantendo la liquidazione in un’unica gestione (ad ex: INPS ED EX INPADAP).
Il Cumulo, che si differenzia dalla totalizzazione1 in quanto con esso le singole gestioni liquidano le rispettive quote maturate di rendita con pro rata, ha subito delle importanti modifiche con la legge di bilancio del 2017: pur permanendo la possibilità di utilizzo per il calcolo con il sistema misto o retributivo e non solo contributivo, la nuova legge ha ammesso la possibilità di ricorrervi anche per la pensione anticipata e non solo per quella di vecchiaia anche attraverso la sommatoria di contribuzione presente in differenti gestioni. E’ stato inoltre eliminato il vincolo preclusivo di non poter beneficiare di tale strumento allorchè si fosse maturato il diritto ad una pensione autonoma in una delle gestioni interessate al cumulo nel momento in cui si matura il requisito pensionabile richiesto. Infine ne è stata estesa l’applicabilità alle categorie professionali.
Giova precisare che in caso di pensionamento di vecchiaia il cumulo opera con i requisiti anagrafici e contributivi della gestione che prevede quelli più alti; tutti gli altre requisiti saranno quelli dell’ultima gestione ove si è versata contribuzione. Quanto al sistema di calcolo permane la regola per la quale si considerano tutti i contributi delle diverse gestioni che non si sovrappongono al fine di verificare se retributivo, misto o contributivo (più o meno 18 anni al 31.12.1995) per poi determinare il pro quota all’interno delle singole gestioni.
Ai fini della misura si dovranno considerare tutti i periodi assicurativi accreditati nella singola gestione e, pertanto, anche quelli che si sovrappongono e coincidono con altri periodi accreditati nelle diverse gestioni. Diversamente, senza questo strumento, qualora ad ex. non si raggiungessero i 20 anni di contributi, il candidato alla rendita maturerebbe il diritto (nell’AGO) solo qualora avesse almeno 15 anni di contributi entro il 31.12.1992 ma, perderebbe la possibilità di utilizzare la restante contribuzione presso altre gestioni (ex INPDAP, ENPALS, ecc…). Il legislatore attuale ha stabilito per quota 100 una deroga alla precedente normativa prescrivendo la possibilità, finalizzata solo per quota 100, di cumulare periodi assicurativi in gestioni amministrate dall’INPS (ex Inpdap – Enpals – Artigiani e commercianti nonché gestione separata) così escludendo le casse autonome.
In questo caso i richiedenti non devono essere titolari di trattamenti pensionistici (circolare 120/2013 applicativa della legge 228/2012 art. 1 com. 243). Anche in questo caso la decorrenza varia: se il diritto è maturato entro il 31.12.2019 la decorrenza sarà dal 01.04; se maturato nel 2020 a tre mesi dalla maturazione dei requisiti, con le finestre di cui in precedenza.
Fondamentale considerare che per quota cento non opera il c.d. limite ordinamentale dei 65 anni che diversamente può superarsi solo per trattenimento in servizio per al massimo due anni ovvero per conseguire la prima prestazione utile (vedasi circolare n. 10/2020). Giova precisare che con l’istituto del cumulo ogni gestione liquida la sua quota diversamente dalla ricongiunzione.
Non è stata esclusa dall’operatività di quota 100 e dunque è utile per il suo raggiungimento la contribuzione riscattata del periodo di laurea e per il periodo di lavoro svolto all’estero con paesi anche privi di convenzione, l’accredito del servizio militare, la definizione agevolata di cartelle emesse dal 2000 al 2017 (legge di bilancio 2019) nonché l’applicazione del beneficio contributivo in favore di coloro i quali vantino una disabilità pari o superiore al 74 % ed abbiano lavorato in tali periodi. In quest’ultimo caso si potrà usufruire di una maggiorazione di contribuzione figurativa pari a due mesi per ogni anno di lavoro privato o pubblico in costanza di condizione invalidante sino ad un massimo di 5 anni (30 anni complessivi) legge 388/2000; (differente l’ipotesi rubricata dall’art. 1 com. 8 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 riguardante la possibilità in caso di invalidità pari o superiore all’80% di ricevere una riduzione dell’età di accesso al pensionamento di vecchiaia fino a cinque anni, anch’essa salvaguardata e non eliminata dagli aumenti della Fornero).
Oltre alla contribuzione riscattata, v’è anche quella definita figurativa (disoccupazione indennizzata, malattia ed infortunio, maternità, gravidanza); in questi casi, come sicuramente noto all’uditorio, la stessa è valida ed efficace al perfezionamento del diritto al pensionamento di vecchiaia ed inabilità nonché a determinarne la misura mentre, non sono utili ai fini del raggiungimento del diritto per la pensione di anzianità, attuale anticipata per la quale, quelli di trattamento di disoccupazione percepita e di malattia operano solo ai fini della misura.
Ebbene, il decreto legge n. 4 del 2019, come precisato dalla circolare n. 11/2019 punto 1.2, ribadisce il principio allorchè afferma: “nel caso in cui tra le gestioni interessate dal cumulo ve ne sia almeno una che prevede il requisito contributivo dei 35 anni al netto dei periodi di malattia, disoccupazione, il predetto requisito deve essere verificato tenendo conto dell’anzianità contributiva complessivamente maturata nelle gestioni interessate dal cumulo”.
Pertanto per i 35 anni di contribuzione effettiva si useranno i contributi di tutte le gestioni. Ne consegue che per coloro i quali vantino contribuzione figurativa da disoccupazione e malattia, il limite utilizzabile per il raggiungimento dei 38 anni contributivi sia quello di 156 settimane. Risultando sempre utili ai fini della misura il valore di ciascuna settimana varia sulla base della media delle retribuzioni percepite nell’anno. Salvo i periodi di cassa integrazione e mobilità per i quali vale la base di calcolo dello stipendio utilizzato per determinarne la misura all’80 %.
È opportuno ricordare altresì che quanto al valore dei contributi corrispondenti alle settimane prestate affinchè una settimana si consideri integra è indispensabile che la retribuzione percepita in essa corrisponda al 40% del trattamento minimo mensile cioè 513,01 per il 2019 (euro 205,20).
Non appare di poco momento considerare la incumulabilità con lavoro autonomo e/o dipendente: in questo caso l’istituto chiarisce che la stessa debba operare sino alla decorrenza del requisito anagrafico della vecchiaia (66 anni e 7 mesi) prevista dalla gestione INPS che liquida la prestazione. Inoltre, redditi maturati successivamente alla decorrenza della pensione e sino al perfezionamento del requisito anagrafico della vecchiaia, determineranno la sospensione dell’erogazione del trattamento pensionistico nell’anno di produzione dei redditi. Si dovrà considerare il requisito anagrafico previsto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico con l’adeguamento per aspettativa di vita.
Appare altresì dirimente considerare che, in deroga a quanto statuito dall’art. 58 della legge 89 del 1988, qualora si verificasse una erogazione indebita del trattamento pensionistico, non opererà il principio della buona fede e dell’errore irripetibile dell’Istituto quanto, piuttosto, l’art. 2033 c.c. che tipicamente opera per le prestazioni assistenziali, garantendo la capacità di recupero nel limite di prescrizione decennale anche in autotutela. (circolare 11/2019 1.4 ultimo cpv).
Di notevole rilevanza l’impatto della prescrizione normativa circa la incumulabilità, sulla possibilità di svolgere lavoro dipendente che in proiezione sia sotto soglia 5.000 euro annui: in questo caso è sempre e comunque prescritta la sospensione dell’erogazione della pensione anticipata “quota 100” nonché l’obbligo di preventiva comunicazione all’Istituto. Diversamente per l’APE social vige un regime di incumulabilità con lavoro dipendente ed autonomo nei limiti di rispettivi 8.000 euro annui lordi e 4.800 euro. Pertanto nella scelta dell’istituto da opzionare in favore dell’assicurato si dovrà tener conto anche della maggior rigidità del sistema previsto per “quota 100”.
QUOTA 100 E DISOCCUPAZIONE
Salvo differente comunicazione o interpretazione fornita dal Ministero o dall’INPS con l’entrata in vigore del D.L.4/2019 il diritto alla NASPI si perde con la maturazione dei requisiti di accesso a “quota 100”. Infatti il D.Lgs. 22/2015 prescrive che: “in ogni caso, quanto alle ipotesi di decadenza dal diritto, il diritto all’indennità si perde al raggiungimento del diritto alla pensione (67 anni di età e 20 di contributi ovvero 42,10 di contribuzione)”.
E’ di tutta evidenza che l’introduzione di quota 100 rappresenti un’altra casistica che comporta la perdita della NASPI. Tuttavia v’è una circolare che potrebbe rappresentare un precedente elusivo della fattispecie: l’INPS con sua circolare n. 142/2015 ha specificato che il diritto alla NASPI non si perde una volta maturato il diritto ad Opzione Donna dal momento che la stessa costituisce un regime facoltativo. In questo caso, pertanto, la perdita del diritto coninciderebbe con la domanda dell’assicurata.
NOTE
- Con la Totalizzazione D.Lgs. 42/2006, in modo gratuito si chiede l’unificazione dei periodi e l’erogazione di una pensione che rappresenta la somma dei trattamenti di competenza dei singoli enti previdenziali. Essa può chiedersi anche allorchè si sia raggiunto, in uno dei fondi di accredito della contribuzione, il requisito minimo di accesso alla pensione. Per essa è possibile cumulare contribuzione versata all’estero in paesi con convenzioni bilaterali con l’Italia. La misura del trattamento pensionistico è determinata pro quota dalle singole gestioni in relazione ai periodi di iscrizione con le regole del sistema contributivo. Fà eccezione l’ipotesi in cui si sia raggiunto il requisito in una delle gestioni: in tal caso, il calcolo del pro rata avviene con il sistema previsto dal suo ordinamento e, pertanto anche retributivo.